Se però
Vi ringrazio.
Ottima osservazione. Cercherò di chiarire questo dubbio nella maniera più cristallina possibile.Torros ha scritto: ↑2 lug 2023, 18:11Studiando relatività mi è sorta una domanda circa gli intervalli temporali misurati da osservatori fermi e in moto. In particolare, uno dei primi passaggi dopo aver chiarito i due postulati è quello di dimostrare che, ovvero che il quadrato della distanza tra due eventi è invariante. Ora pensiamo ad un sistema di riferimento
che si muova con velocità costante rispetto ad un secondo sistema di riferimento
. In virtù di uno dei due postulati, l’osservatore solidale con il sistema di riferimento
non può distinguere se a muoversi sia lui o il sistema di riferimento
. Perciò può ipotizzare di essere in quiete e dunque sostenere che
dove dx è la distanza che il sistema di riferimento
sostiene sia percorsa dal sistema
. Da questa equazione si giunge a dire che
.
Se peròsi considerasse in moto, la precedente diventerebbe
, dalla quale segue che
. Mi potreste spiegare come mai i due risultati sono contrastanti? L’unica cosa che mi viene in mente è che veramente K non possa dire nulla sull’intervallo misurato in un altro sistema di riferimento, a meno che non si verifichi una asimmetria (come il gemello sulla astronave nel relativo paradosso, in cui costui è costretto a tornare dal fratello per verificare che il suo orologio sia in ritardo rispetto all’orologio rimasto a terra e nel compiere questo ritorno sia costretto a decelerare fino ad invertire la sua velocità, comprendendo di essere lui nel sistema in moto).
Vi ringrazio.
I due risultati non sono contrastanti, dal momento che non sono riferiti agli stessi eventi.
La definizione di scalare è quella per cui esso è invariante sotto trasformazioni di coordinate. L'intervallo di spaziotempo, pertanto, è uno scalare, sia esso in forma finita
Probabilmente è banale, ma non riesco a capirlo nemmeno per la lagrangiana classica
L'idea è quella per cui, per piccoleTorros ha scritto: ↑26 set 2023, 10:43Ti ringrazio per la risposta. Mi è tutto chiaro tranne questo sviluppo:Probabilmente è banale, ma non riesco a capirlo nemmeno per la lagrangiana classica![]()
Se riuscissi a spiegarmi tale passaggio saresti riuscito a convincermi: la tua giustificazione mi sembra abbastanza solida. Grazie ancora
Buona osservazione. Ho sempre piacere a rispondere a obiezioni mature e critiche come questa.Torros ha scritto: ↑28 set 2023, 21:59Scusa se disturbo ancora, ma credo di aver notato un'imprecisione nello sviluppo della funzione. Credo che sarebbe più opportuno definire la questione in questo modo:,
. In tal modo lo sviluppo di
calcolato nel punto
diventa:
E a questo punto, con un semplice passaggio algebrico:
Non riesco a trovarmi con la tua definizione die
. Mi sembra invece che in tal modo si possa ovviare al problema. Fammi sapere se puoi. Grazie ancora
L'obiettivo in esame è il calcolo della Lagrangiana
che differisce da quello da me calcolato secondo l'equazione
a causa della discrepanza tra i due termini comprendenti la derivata prima:
Come avrai potuto capire, dunque, il tuo metodo non può ovviare ad un problema non definibile nei termini in cui lo hai concepito e inteso. L'errore più frequente (commesso anche da te), rivelantesi poi cruciale nella continuazione del procedimento, è assumere - facendoli coincidere - il punto in cui si vuole calcolare l'espansione di Taylor (e, dunque, la Lagrangiana) come punto di valutazione della derivata nella serie di Taylor.